Leader Azienda iFormazione 2018
Leader Azienda iFormazione

Cosa significa “Essere un leader prima di essere un Manager”? Come si può essere un buon capo? Quale è il modo migliore per gestire le risorse umane? Impariamo ad applicare la Coaching in azienda!

 

“Chi pensa di guidare gli altri e non ha nessuno che lo segue sta solo facendo una passeggiata”

(John Maxwell)

 

Nella vecchia concezione della leadership, e della gestione del comando, c’era proprio un errore enorme di fondo: il capo comanda, il collaboratore esegue…quindi più il capo comanda e più è un buon capo, così come più un collaboratore esegue senza fare domande più è un buon collaboratore.

E’ un errore che la nostra società si è trascinata fino ai giorni nostri.

Abbiamo confuso le persone che esercitano il potere con carattere da quelle che, semplicemente, hanno un brutto carattere.

E’ ora di toglierci dagli occhi le immagini di capi che gridano e di collaboratori sottomessi che reprimono le loro personalità.

Ed ecco che la figura dispotica del capo/padrone lascia spazio a quella del leader del presente e del futuro, che deve essere un eccellente comunicatore, sempre interessato ai propri collaboratori e terribilmente empatico.

Altrimenti non potrà mai essere un buon capo.

Non serve l’autorità ma l’autorevolezza.

La coaching ci viene in aiuto anche in questo campo. Per capirci meglio è bene partire dal significato delle parole: il verbo inglese “to coach” deriva da “coach”, che vuol dire “carrozza”. Quando il termine è stato preso in uso, sia in ambito sportivo che in senso più lato, in “carrozza” si arrivava prima in un determinato luogo rispetto che andandoci a piedi.

Quindi, con “to coach”, s’intendeva definire quella pratica che ti permetteva di arrivare prima ai risultati, attraverso uno sviluppo più omogeneo.

Con “coach”, quindi, si definiscono quelle persone che ti permettono di raggiungere i risultati prima e meglio. Senza disperdere energie inutili.

Il leader di un’azienda, ancora prima di avere capacità e conoscenze specifiche nel proprio settore, dovrebbe essere un buon coach della sua “squadra” ed applicare la coaching in continuazione.
Uno dei primi atti del buon manager è senza dubbio quello di stabilire obiettivi comuni e fare in modo che tutti i collaboratori remino dalla stessa parte. Le sue armi dovrebbero essere non più il bastone e la carota, ma fiducia, empatia, integrità, esempio, volontà, e ascolto.

Il coach/leader/manager non si limita ad ordinare: coinvolge i suoi collaboratori nei progetti lasciando che essi apportino il loro contributo personale.

Conoscendo a fondo il proprio team, il leader che applica la coaching sa a chi affidare certi compiti e a chi altri ed è anche in grado di stimolare ognuno nel giusto modo.

Non tutti rispondono agli stessi stimoli: bisogna conoscere la propria squadra per sapere come motivare ognuno dei componenti e solo così si metterà in piedi un organismo sano.

Nella vecchia concezione aziendale c’era un capo che dava ordini e teneva per sé tutto il controllo, con il collaboratore completamente privo di autonomia. Oppure poteva esserci un leader capace di persuadere i propri collaboratori lasciando che essi arrivassero ad avere un autonomia piccola ma significativa.

Un’altra tipologia di sistema era quello che ruotava attorno ad un capo che discuteva con i suoi collaboratori, ed in questo caso diventava maggiore l’autonomia del collaboratore rispetto al controllo esercitato dal capo.

In ultima analisi c’era un sistema in cui il capo, oramai, aveva perso totalmente il controllo ed il collaboratore godeva di una totale autonomia: un comandante che non comandava.

Ognuna di queste tipologie organizzative aveva qualche caratteristica buona ed altre assolutamente tossiche.

Per arrivare ad un sistema sano, è necessario che il leader continui sì a detenere il controllo ma che ci sia una grande autonomia da parte dei collaboratori che si devono sentire perfettamente integrati nel processo produttivo, non semplici esecutori materiali.

Non sarà facile integrare in azienda questo nuovo tipo di mentalità, nei primi giorni, ma il gioco varrà certamente la candela.

Chi investe in coaching può stare certo di veder tornare a sé dei grossi guadagni. Con una gestione più sana in azienda si respirerà un’altra aria, un’altra energia e a goderne prima di tutto sarà l’azienda stessa.

Se un manager/coach si concentra sull’ascolto e sull’adattare più possibile il lavoro al collaboratore è evidente che egli rimane in pieno controllo ma, al tempo stesso, il lavoratore godrà di una piena autonomia.

Un vero manager deve avere alcune caratteristiche fondamentali che, al giorno d’oggi, devono essere considerate irrinunciabili. Sicuramente una di queste, forse la più importante, è quella di essere un buon comunicatore e un dispensatore di energie positive. I capi negativi sono più deleteri di qualunque errore aziendale o difficoltà nel mercato di riferimento.

Con un atteggiamento propositivo il manager diventerà rapidamente anche un esempio, un’ispirazione per i suoi collaboratori e questo migliorerà tutto l’ambiente lavorativo.
Lavorare al fianco di un manager sempre positivo che non rimugina sui problemi ma cerca soluzioni, che si aggiorna continuamente, che sa comunicare con rispetto e chiarezza, sarà estremamente stimolante per tutta la struttura.

Un’altra caratteristica fondamentale del buon manager dei nostri giorni, connessa alle altre caratteristiche sopra riportate ed ovviamente alla coaching, è sicuramente quella di diffondere fiducia nell’ambiente.
Un lavoratore che sente su di sé la fiducia del proprio manager è spinto a dare il meglio di sé.
Ed il manager “illuminato” sa condividere i successi con i propri collaboratori dispensando congratulazioni o riflessioni costruttive su quello che non ha funzionato.

Non esistono fallimenti, ma opportunità per migliorare.

Un capo che sa sostenere e incoraggiare nel momento del bisogno sarà sempre rispettato e ammirato dai propri collaboratori.

Ma il primo comandamento per un manager che vuole diventare il leader del proprio gruppo di lavoro lo ha ben esposto l’ex Presidente degli Stati Uniti d’America Dwight D. Eisenhower:

“La qualità più importante in chi comanda è senza alcun dubbio l’integrità. Senza di essa non è possibile alcun successo non importa che si stia parlando di sport, di esercito o di un ufficio. Se, infatti, i suoi compagni si accorgono che è falso e che ha mentito riguardo la sua integrità, egli nelle vesti di leader fallirà. I suoi insegnamenti e le sue azioni devono quadrare gli uni con le altre e, dunque, l’integrità deve essere per lui il primo proposito”.

Eisenhower sapeva, senza dubbio, cosa volesse dire comandare e guidare: prima di essere eletto Presidente degli USA è stato il comandante supremo alleato delle forze di spedizione in Europa Occidentale; a lui sono stati affidati i destini dell’Europa e del mondo intero con lo sbarco in Normandia degli Alleati, nella seconda guerra mondiale.

Dalle sue decisioni dipendevano letteralmente le vite dei suoi militari.

Se un capo non è creduto dai suoi collaboratori, se non è stimato, se non è rispettato…tutto quello che gli rimane è solo un ruolo, una targhetta sulla scrivania.

Se si pensa di poter sedurre con l’inganno i propri collaboratori si è destinati al fallimento. Le parole devono diventare azioni.

Chi vuole diventare un manager di successo deve sfruttare l’opportunità di diventare il coach della sua squadra. Un coach onesto, chiaro, franco, leale.

L’errore più grande e più diffuso è quello di sottovalutare il proprio ruolo di comando: non esiste azienda troppo piccola per avere un buon leader alla guida.
Una azienda dove non si applica il lavoro di coaching è come un auto sportiva, di grossa cilindrata, guidata da un bambino.

Una situazione pericolosa e poco produttiva.

 

 

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