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Socrate

“È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza.” (SOCRATE)

Oggi, nonostante le informazioni si spostino alla velocità della luce, è molto difficile raggiungere la notorietà. Si pensi quindi quanto doveva essere difficile diventare famosi quando non esistevano telefoni, giornali, televisioni, computer…

Diventare noti in tutto il mondo conosciuto quando ancora le informazioni passavano soltanto di bocca in bocca, era qualcosa di enorme. Bisognava essere dei giganti per raggiungere tale fama.

Uno dei giganti più influenti di sempre è stato senza dubbio Socrate.

Egli è nato quando ancora non si era abituati ad usare la scrittura con costanza. I suoi insegnamenti infatti ci sono soltanto riferiti da altri poiché Socrate guardava con molto sospetto questa tendenza di fermare le parole nella materia.

Socrate è il più grande filosofo di ogni tempo, anche perché è stato d’ispirazione per tutti i filosofi dei secoli a venire: iniziando da Platone, suo principale allievo, fino a giungere ai moderni.

Nessun pensatore ha mai potuto prescindere da Socrate.

Basterebbe soffermarsi a considerare che stiamo parlando di un uomo nato circa 2500 anni fa! Due millenni e mezzo! Eppure il suo pensiero era talmente profondo ed incisivo che è giunto fino a noi.

Come è possibile che il pensiero di un uomo, che per giunta non amava fermare le parole su papiro, abbia attraversato i millenni? Quanta grandezza doveva essere contenuta da quest’uomo per dare al suo nome una vera e propria immortalità? Quali difficoltà ha dovuto superare?

Socrate è di nascita ateniese, e la sua data di nascita si fa risalire tra il 470 e il 469 prima di Cristo. E’ figlio di uno scultore e di una levatrice e potremmo dire che la sua famiglia era benestante.

Abbiamo sue notizie come oplita, ovvero come soldato di fanteria pesante, nelle battaglie di Potidea, Delio e Anfipoli, per cui riceverà anche dei riconoscimenti, specialmente per aver salvato la vita di Alcibiade.

La sposa che scelse è stata Santippe, da cui ha avuto tre figli (seppure alcuni fonti sostengano che due di questi li avrebbe avuti da una concubina).

Santippe è diventata nella tradizione l’immagine stessa della bisbeticità: aveva un carattere piuttosto difficile, e lo stesso Socrate ammette che viverle accanto gli è servito per aumentare la pazienza e la sopportazione.

La vita che egli conduce sembra piuttosto originale: non sembra essere particolarmente dotato di senso pratico, ama filosofeggiare e poco si occupa anche della moglie.

Partecipa spesso a simposi, nei quali ama discutere, bere e mangiare senza limiti. Sembra che riuscisse a tollerare bene l’alcol ed amava condurre una vita da vagabondo.

Il fatto che Socrate non abbia lasciato nessuno scritto di suo pugno rende difficile avere notizie certe, così come, in filosofia, a volte si ha il sospetto che il pensiero di Platone prenda il sopravvento sui dialoghi di Socrate riportati.

Socrate dialoga nelle piazze e nelle strade della città ed un numero considerevole di giovani, lo ascoltano con interesse e interagiscono con lui affinché li renda più eruditi.

La sua “dottrina”, riportata ai nostri occhi da Platone in primis, è la base fondamentale della tradizione filosofica occidentale.

Purtroppo i suoi insegnamenti al tempo vengono scambiati come sofismi volti a scardinare il potere e la classe politica.

In realtà Socrate non aveva nessuna intenzione rivoluzionaria a livello politico, egli era interessato alle rivoluzioni interiori. Ma erano in molti a vedere Socrate e la sua “scuola” come un pericolo per il potere costituito.

Infatti Anito e Licone, due rappresentanti del regime democratico, si serviranno di un giovane, Meleto, per accusare Socrate di non credere agli dei, di non considerare sacre le leggi e di corrompere i giovani con dottrine sovversive.

Socrate viene quindi accusato di ateismo e empietà: un accusa pesantissima che nelle intenzioni dovrebbe essere sufficiente a processarlo politicamente. Lo si accusa di non rispettare né lo Stato, né gli dei.

A difenderlo si offre Lisia, ma Socrate rifiuta perché non vuole essere confuso con i sofisti. Durante il processo diventa subito chiaro che verso Socrate c’è un forte odio da parte dei politici, mentre chi non lo conosce si è fatto di lui un’idea piuttosto sbagliata: lo considerano un sofista.

I sofisti all’epoca erano considerati dei corruttori della moralità, dei poco di buono che adoravano creare disordini e fuorviare i giovani. La forte amicizia con Alcibiade e Crizia non aiuta di certo il profilo di Socrate.

Alcibiade è accusato di tradimento e di essere passato a Sparta per evitare il processo che avrebbe dovuto affrontare, Crizia invece era stato il capo dei Trenta Tiranni, ed era dunque considerato in maniera estremamente negativa dal nuovo regime democratico.

Il processo è del 399 avanti Cristo. La giuria è composta da 501 cittadini: Socrate, a differenza delle abitudini tipiche degli accusati dell’epoca, non porta la propria famiglia in tribunale allo scopo di impietosire i giudici, e non cerca di difendersi dalle accuse.

Contesta direttamente le basi del processo.

Seppure soltanto per trenta voti, viene riconosciuto colpevole. Socrate propone di essere confinato nel Pritaneo, un edificio pubblico, a spese della città, in quanto egli si considera un valore della collettività.

Accetterebbe anche una multa ma non di più. Meleto invece chiede la sua morte. La proposta di Meleto viene accettata con 360 voti.

In realtà, probabilmente, con questa decisione si aspettavano che Socrate si sarebbe autoesiliato fuori dalla città.

Era una pratica diffusa in quel periodo che chi subiva condanne a morte di questo tipo, abbandonasse la città e di conseguenza la sua “giurisdizione”.

Socrate invece rifiuta queste scappatoie, e rifiuta pure i piani di fuga organizzati dai suoi discepoli. Egli preferisce subire una condanna ingiusta anziché andare contro la legge.

La sua ultima giornata si svolge davanti ai suoi discepoli e ai suoi amici: si parla del destino dell’uomo dopo la morte e dell’immortalità dellìanima.

Dopo essersi lavato in una stanza a parte per agevolare il lavoro delle donne che dovranno accudire il suo cadavere, saluta i figli (Menesseno, Lamprocle e Sofronisco) e li invita ad andare via.

Beve il veleno portatogli dal boia, la famosa cicuta, e nel giro di pochi minuti le sue membra si paralizzano e si raffreddano.

Tramite i suoi discepoli i suoi insegnamenti e la sua grandezza sono arrivati fino a noi e tutti gli uomini dovrebbero conoscere la storia di Socrate e della sua filosofia.

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