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I Grandi della Storia-Gandhi in pillole

Mohandas Karamchand Gandhi è una vera e propria icona dei nostri tempi, un’icona di pace e compassione. Un vero faro per tutta l’umanità, un uomo che ha lasciato una grande traccia nel suo cammino.

Gandhi, comunemente chiamato Mahatma, ovvero “Grande Anima”, è diventato famoso in tutto il mondo per la sua lotta contro l’Impero Britannico. Una vera e propria guerra che vedeva da una parte il grande impero guidato da Re Giorgio V e dall’altra l’umile Mahatma.

Ma come è stato possibile che un modesto avvocato indiano sia riuscito a sfidare il grande Impero Britannico che all’epoca dominava in larga parte del mondo?

La battaglia di Gandhi è stata, ed è, una fortissima ispirazione per tutti gli sfruttati e le vittime di soprusi. Nessun rivoluzionario è stato così innovativo ed efficace come Mahatma Gandhi.

Mohandas Karamchand Gandhi nasce a Portandar, India, il 2 Ottobre 1869. Proprio sotto il protettorato britannico, egli cresce e studia. Il padre è un uomo politico e diventerà primo ministro del principato nella vicina Rajkot.

Gandhi da giovane è gracile, timido e impacciato. Uno studente non particolarmente brillante, che a 13 anni si sposa con Kastürbā Gāndhi, anche lei tredicenne. I matrimoni combinati, a quell’epoca erano la regola per la tradizione indiana.

A 18 anni, nonostante l’opposizione della famiglia, Gandhi decide di andare a perfezionare i suoi studi proprio in Inghilterra all’University College di Londra.

In Inghilterra diventa un vero gentleman, e impara alla perfezione il pensiero, i costumi e gli usi occidentali. Appena finiti gli studi torna in India, ma trova una brutta sorpresa: la madre è morta.

Lasciando l’India per gli studi, Gandhi aveva perso il diritto di appartenenza alla sua casta, e al ritorno non gli sarebbe consentito svolgere il mestiere di avvocato, ma ad aiutarlo c’è il fratello che lo reintroduce nella casta.

La sua timidezza gli crea qualche problema nel praticare l’avvocatura, non è particolarmente interessato alla politica finché non viene mandato in Sudafrica per una causa commerciale.

Qui c’è il punto di svolta della sua vita. In Sudafrica infatti c’è l’apartheid, ovvero la segregazione dei neri. Gandhi vede inoltre le condizioni di vita in cui versano gli oltre 150 mila indiani che vivono in quel paese.

Dentro Gandhi scatta qualcosa evidentemente, la sua vita non sarà più la stessa. Gandhi stesso raccontò diversi aneddoti di quel periodo per far capire cosa lo mosse a cambiare totalmente vita.

In un tribunale di Durban, ad esempio, un magistrato chiede a Gandhi di togliere il turbante, lui si rifiuta e viene espulso dal tribunale. Lo cacceranno anche da un treno perché, avendo un biglietto di prima classe, si rifiutava di andare in terza classe.

Su una diligenza un responsabile gli vieta di entrare all’interno assieme agli altri europei, e quando lui fa resistenza il responsabile non esita a picchiarlo.

Questi soprusi innescano in Gandhi una forte motivazione. Aveva provato sulla propria pelle il razzismo e la violenza. A questo punto nasce in lui il forte desiderio di liberare dai soprusi i cittadini indiani nel Natal, in Sudafrica.

Fa il suo primo discorso pubblico a Pretoria, scriverà lettere e parteciperà a petizioni e assemblee. In breve diventa il leader della protesta indiana e negli anni non smette di occuparsi dei suoi compatrioti in Sudafrica.

Aiuta a fondare il giornale “Indian Opinion”. Nel 1905 aderisce al boicottaggio, di tutte le merci inglesi come segno di protesta. Durante una protesta all’Empire Theatre of Varieties di Johannesburg, l’11 settembre 1906, Gandhi utilizza per la prima volta il metodo della satyagraha.

E’ questa una nuova parola creata sull’Indian Opinion, che indica una forma di protesta passiva: infrangere le leggi e subire le punizioni senza ricorrere alla violenza.

Migliaia di indiani e cinesi vengono frustrati e imprigionati per le loro proteste non violente e l’espressione di questa violenza, seppure non smuova la sfera politica, incide profondamente sull’opinione pubblica.

Dopo anni di dura lotta, in cui anche lo stesso Gandhi viene imprigionato, anche la sfera politica è costretta a fare i suoi conti: moltissime ingiustizie, tasse vergognose e proibizioni varie (tra cui quella di matrimonio misto), vengono rimosse in un accordo stipulato tra Gandhi e il generale Jan Christiaan Smuts.

La satyagraha ha funzionato. Ora Gandhi sposta la sua attenzione alla madrepatria. Anche in India l’oppressione britannica si sente in maniera piuttosto decisa.

In alcune zone, ad esempio, i contadini sono obbligati a coltivare soltanto certe piante utili all’industria britannica, ma non possono coltivare quello che gli serve per vivere.

Gandhi organizza e struttura le proteste, aiuta, unisce, fa discorsi pubblici, scrive lettere importanti, non si risparmia mai. Rischia più volte di essere arrestato e porta avanti il suo stile di protesta: la non violenza.

Il 6 Aprile del 1919 durante uno sciopero generale, accompagnato da preghiere e digiuno, Gandhi viene arrestato. I disordini susseguenti portano ad un’azione da parte delle truppe britanniche che viene definito il massacro di Amritsar nel Punjab.

389 morti e oltre 1000 feriti, tutti civili. Alcune fonti parlano addirittura di 1000 morti. Gli indiani risponderanno alla violenza, e Gandhi inorridito dalla violenza dei suoi compatrioti sospenderà la sua satyagraha.

Gandhi detesta la violenza, sia quella britannica che la risposta indiana. A questo punto il Mahatma entra in politica e diventa leader del movimento anticoloniale indiano.

Mette tutto sé stesso in questa lotta non violenta contro gli inglesi, chiedendo la completa autonomia dell’India. Dopo durissime lotte, scioperi, massacri, marce… e dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1947, l’Impero Britannico è costretto a cedere alla resistenza pacifica del movimento di Gandhi.

Questa enorme vittoria che Gandhi consegue è la riprova dell’inutilità della violenza. Anzi è stato proprio l’uso della violenza a costringere gli inglesi ad arrendersi alla satyagraha.

Purtroppo, il 30 gennaio 1948, presso la Birla House, a Nuova Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera ecumenica delle ore 17:00, accompagnato dalle sue due pronipoti Abha e Manu, Gandhi viene assassinato con tre colpi di pistola da Nathuram Godse.

Il mondo ne rimase sconvolto e l’India pianse il suo grande eroe. L’assassino verrà condannato a morte nonostante la forte opposizione dei seguaci di Gandhi.

Mohandas Karamchand Gandhi è stato davvero uno dei più grandi esempi di umanità e forza interiore, di tutti i tempi.

Albert Einstein disse di lui con ammirazione:

«Forse le generazioni a venire crederanno a fatica
che un individuo in carne e ossa come questo ha camminato su questa terra»

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