Il significato delle parole è estremamente importante per riuscire a fare chiarezza dentro e fuori di noi.
Con la parola “consapevolezza”, negli ultimi tempi, si è riusciti a fare così tanta confusione, affibbiandogli decine di significati diversi, che oramai in pochi continuano ad avere confidenza con il concetto di consapevolezza.
Come abbiamo scritto nell’articolo sull’autostima, la nostra società è tutta impostata sul disequilibrio, sulla confusione, sulla perdita di valori e misure. Su velocità e ritmi diversi rispetto a quelli naturali. E questo lo possiamo ritrovare anche nella linguistica.
Partiamo dalla consapevolezza. Per ritrovare il significato originale della parola “consapevolezza” possiamo guardare al corrispettivo inglese “Mindfulness”: la sua traduzione letterale sarebbe qualcosa di simile a “pienezza di mente”, ma corrisponde appieno, in italiano, al significato di “consapevolezza”. L’etimologia italiana deriva dalla parola “sapere”.
Nell’ambito della meditazione la parola consapevolezza è stata usata e abusata, spesso stiracchiata nel senso che più faceva comodo a chi ne parlava. In realtà con “consapevolezza”, in questo ambito, si intende un’attitudine mentale in cui riusciamo a dirigere la nostra attenzione a tutti i nostri sensi in una maniera ben precisa e determinata.
“Sono tante le ragioni per le quali ci stiamo rivolgendo verso la consapevolezza, non ultima forse l’intenzione di conservare la nostra salute mentale o di recuperare il senso delle proporzioni e o il significato delle cose, o anche solo di tenere testa al tremendo stress e alla grande insicurezza del nostro tempo …in effetti limitarsi a sedere e a stare tranquilli per un po’ di tempo per proprio conto è un atto radicale di amore”.
Così insegna Jon Kabat Zinn, biologo, scrittore ed insegnante di Mindfulness, un tipo di meditazione sempre più diffuso.
Per arrivare a capire al meglio la parola “consapevolezza” e soprattutto il concetto ad essa legato è d’obbligo andare ancora più indietro nel tempo, ed arrivare ad una delle culture più antiche del mondo, quella indiana. La parola “sati” è il corrispettivo di “consapevolezza” e con questa parola s’intende un’esperienza pre-logica, pre-simbolica.
Esempio: quando noi posiamo gli occhi su un oggetto, prima ancora che il nostro cervello riconosca quell’oggetto, prima che colleghi la nostra visione alla corrispettiva immagine mentale e a tutte le altre informazioni archiviate dentro la nostra memoria, durante quelle frazioni di secondo in cui quell’oggetto è assolutamente nuovo, primordiale, ecco, in quegli attimi possiamo parlare di “sati”.
La consapevolezza starebbe dunque nel porre un’attenzione su qualcosa, da osservarla come se fosse la prima volta nella storia del mondo che si assiste a quel qualcosa.
Kabat Zinn usa l’espressione “la mente del principiante”, proprio per riferirsi a questo atteggiamento mentale e alla capacità di non fare interferire il giudizio durante questo processo.
Guardare senza dare giudizi: senza bello o brutto, cattivo o buono, adatto o non adatto, bianco o nero. Ecco che cosa è la consapevolezza nell’ambito della meditazione!
Osservare la nostra esperienza sensoriale, lo scorrere di ogni attimo, senza giudizio, come se ogni cosa che percepiamo fosse percepita per la prima volta. Questo atteggiamento mentale ci consente di staccare il cervello dai suoi automatismi, dagli schemi, dalle sue routine. Questo distacco consente alla nostra mente di rilassarsi, di guardare tutto con altri occhi, con un’altra angolazione. Spesso, il fiume in piena costituito dai nostri pensieri è difficile da fermare, ma è comunque possibile rallentarlo. Anche alcuni attimi, ricavati durante la giornata, dedicati solo all’osservazione con tutti i nostri sensi di quello che ci circonda, o di quello che ci attraversa nell’intimo, e il flusso dei pensieri sarà rallentato.
Zinn ha utilizzato un’altra frase molto efficace per spiegare al meglio l’intento di questo tipo di meditazione volta a ritrovare la consapevolezza:
“Non puoi fermare le onde, ma puoi imparare a padroneggiare il surf”
Visto che parliamo di atteggiamenti mentali pre-simbolici, che vengono prima del linguaggio, è consigliabile prima di provare a meditare un po’ e capire con l’esperienza ciò che è difficilmente traducibile in parole. Poi, dopo queste prime esperienze, si dovrebbe tornare a leggere molto a proposito di meditazione, di consapevolezza e di ricerca del sé profondo. Tutte le parole che si leggeranno saranno, a questo punto, legate all’esperienza personale e renderà tutto più chiaro. Meditare non è così difficile come si crede. Non servono nemmeno ore e ore di silenzio e concentrazione. Bastano attimi.
Jon Kabat Zinn spiega che l’importante è prestare attenzione, ma un’attenzione particolare: deve esserci intenzione, deve esserci una focalizzazione al momento presente, e non deve essere presente alcun giudizio. Avete mai provato a stirare i panni, concentrandovi sul momento presente? Sentendo l’aria calda e umida che esce dal ferro da stiro, il rumore forte e dolce del vapore, l’arrendevolezza del tessuto sotto alla pressione del ferro caldo, il movimento preciso e sinuoso del vostro braccio, magari anche qualche rumore d’ambiente. Concentrati precisamente su quell’attimo, senza pensare al successivo e alle mille altre cose da fare, da dire, da immaginare. Solo quell’unico attimo. Questa è pura meditazione.
Lo stesso si può dire di ogni altra azione, anche la più comune. Lavare i piatti ad esempio, sentendo il tepore dell’acqua, la schiuma del sapone con il suo tocco delicato, il suo profumo, la consistenza del piatto… quell’unico attimo, quella sensazione nuova e unica.
Il mondo gira ad un’altra velocità, dirà qualcuno, ma non è in realtà il nostro mondo, non è la velocità adatta a noi: è il mondo che ci siamo cuciti addosso. Ma non ci fa stare bene. La parola torna ancora a Zinn:
“Spesso è perché siamo assuefatti a cercare di fare sempre di più in quelle ventiquattr’ore al giorno che ciascuno di noi ha. Questo è specialmente vero nell’era dell’interminabile sbarramento di comunicazioni elettroniche che spinge il lavoro, o piuttosto, se non stiamo attenti, lo ostacola, nel senso di impedirci di agire efficacemente, prigionieri come siamo della auto-distrazione e del multitasking che riducono la nostra capacità di fare le cose bene.”
Per questo è importante rallentare e mirare alla consapevolezza, fosse soltanto per pochi attimi durante la giornata. Dobbiamo trovare una velocità più adatta alle nostre esigenze di esseri umani e lasciare gli automatismi ed il multitasking agli automi.
“Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte,
e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.”
L. Pirandello